
“La sarchiatura in orticoltura era un’operazione considerata ordinaria, quasi secondaria. Ora è diventata un elemento centrale per la buona riuscita della campagna.” Con queste parole, la sales manager di un'azienda leader nel settore riassume efficacemente un cambiamento profondo nel modo di intendere questa lavorazione del terreno. Un vero cambio di paradigma, spinto soprattutto dai vincoli normativi sempre più stringenti imposti in ambito comunitario sull’uso della chimica.
Basti pensare ai principi attivi degli erbicidi, il cui numero è in costante calo. A questo si aggiungono i disciplinari sempre più rigidi imposti dai grandi gruppi di trasformazione e dalla grande distribuzione organizzata (Gdo), che limitano l’uso di sostanze chimiche ben oltre quanto previsto dalla legge. Di fronte a queste restrizioni, l’orticoltore si vede costretto a rispolverare tecniche meccaniche che sembravano superate, prima fra tutte la sarchiatura.
Negli ultimi anni, complice il ritrovato interesse da parte degli agricoltori, questa tecnica ha fatto importanti passi avanti, grazie all’evoluzione tecnologica e all’introduzione di soluzioni automatizzate, fino a includere strumenti basati su intelligenza artificiale e computer vision, capaci di riconoscere e trattare selettivamente le infestanti.

Dall’intelligenza umana a quella artificiale: l’evoluzione della sarchiatrice
Tradizionalmente, la sarchiatrice è sempre stata un attrezzo semplice: lame, zappette o denti montati su un telaio, trainati da un trattore leggero per evitare compattamenti in una fase delicata dello sviluppo delle colture. Questo approccio funziona bene con colture distanziate, dove gli organi di lavoro possono operare vicino alle piante senza danneggiarle.
Tuttavia, l’orticoltura moderna lavora spesso su file strette e ad alta densità. In questi casi, la sarchiatura più precisa si ottiene con macchine guidate manualmente da un operatore, che adatta in tempo reale la posizione degli organi in base alla disposizione delle piante. È il livello massimo di accuratezza raggiungibile senza il supporto tecnologico.
Ma la tecnologia ha trasformato profondamente anche questo settore. La guida automatica, basata su sistemi Rtk con precisione fino a 2 cm, consente di replicare perfettamente la linea di semina e sarchiare file molto ravvicinate senza bisogno di un secondo operatore. Una videocamera può supportare ulteriormente l’operatore nel mantenere i vomeri vicini alle piante senza danneggiarle.
Il passo successivo è rappresentato dalle sarchiatrici “intelligenti”, dotate di telecamere che forniscono dati a un computer per regolare in automatico posizione e profondità degli organi di lavoro, usando attuatori idraulici, pneumatici o elettrici. Queste macchine riconoscono le piante tramite colore e forma, operando con grande precisione.
Tuttavia, in casi particolari – come la presenza di ricacci di colture precedenti (es. patate in un campo di insalata) – il sistema ottico tradizionale può commettere errori. È qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale: capace non solo di riconoscere la presenza di una pianta, ma anche di distinguere tra coltura utile e infestante.
L’IA consente inoltre di lavorare vicino a fusti ombreggiati o con chiome ricadenti, come cipolle o patate, evitando danni alla coltura.

sarchiatura senza danneggiare le coltivazioni. Per esempio, un attrezzo con posizionamento automatico degli elementi
sarchianti, guidato da un computer dotato di visione artificiale
Quando scegliere la tecnologia e quando basta il metodo tradizionale
Scegliere la sarchiatrice più adatta non è scontato. Le variabili in gioco sono molte:
- tipo di coltura,
- caratteristiche del terreno,
- superficie da trattare,
- livello di infestazione,
- disponibilità di personale qualificato
- capacità d’investimento.
Per esempio, colture con interfila ampia si adattano bene a macchine manuali; con densità più elevate e spazi stretti, diventano preferibili le versioni automatizzate.
In casi estremi, come il ricaccio di bietola da seme su varietà diverse, solo l’IA è in grado di distinguere tra ciò che va conservato e ciò che va eliminato. L’investimento, ovviamente, è proporzionale alla dimensione aziendale: le sarchiatrici intelligenti partono da 80-90 mila euro, una spesa ammortizzabile solo su superfici significative.
Anche il tipo di terreno incide. Terreni leggeri consentono l’uso di un’ampia gamma di organi lavoranti – fissi o rotanti – mentre su suoli pesanti o limosi alcuni elementi (come i rotori) possono dare problemi. Il livello di infestazione è un’altra discriminante: se le malerbe sono troppo fitte, le macchine sofisticate perdono efficienza e produttività. In questi casi, è consigliabile un primo passaggio con sarchiatrice tradizionale, seguito da una rifinitura con strumenti a visione artificiale, con o senza IA.

con o senza il secondo operatore
Non solo tecnologia: la sarchiatura in un percorso agronomico integrato
Sarchiare bene non basta. La sarchiatura dev’essere parte di un processo agronomico coerente, che parte dalla preparazione del terreno e arriva fino al raccolto. Una buona gestione agronomica dell’appezzamento è fondamentale. Sotto serra, la baulatura è una pratica standard; in campo aperto, spesso trascurata, può fare la differenza per evitare che le carreggiate lasciate dal trattore diventino rifugi per le infestanti.
Anche l’interramento o l’eliminazione dei residui colturali precedenti è cruciale per non ostacolare l’azione degli organi lavoranti. Se si vogliono sfruttare appieno macchine ad alta tecnologia, è indispensabile che semina o trapianto siano stati eseguiti con guida automatica a precisione centimetrica. Solo così si garantiscono linee perfette che la sarchiatrice può seguire senza errori.
Infine, un consiglio pratico: seguire il senso di semina anche durante la sarchiatura. Lavorare “in contropelo” rispetto alla direzione di semina può ridurre l’efficacia della macchina e causare danni alla coltura.