
Nel marzo 2025, una delegazione del Crea – Centro di ricerca Orticoltura e Florovivaismo (Italia) ha visitato la Universidad Técnica del Norte (Utn), a Ibarra (Ecuador), con l’obiettivo di consolidare una collaborazione scientifica finalizzata allo studio e alla valorizzazione commerciale di estratti vegetali (olii essenziali, metaboliti secondari e altri fitoderivati) ricavati da specie officinali caratteristiche delle Ande Ecuadoriane che trovano il loro habitat ideale intorno ai 3500 m. s.l.m.
La Utn è un’università pubblica andina, leader nella ricerca scientifica su piante officinali autoctone, con un approccio orientato verso la sostenibilità dell’agricoltura e l’innovazione tecnologica, mentre il Crea è il principale ente di ricerca in agricoltura in Italia.
Cooperazione scientifica ad alta quota

Foto di Gema Andrade
Le piante in questione sono specie straordinarie, spesso endemiche, esempi eclatanti di biodiversità e di estrema adattabilità, che riscuotono sempre maggior interesse anche alla luce dei cambiamenti climatici in corso.
Nei loro habitat, infatti, prosperano in condizioni estreme, dove la natura mette alla prova ogni forma di vita: altitudini fino a 4.000 metri, aria rarefatta e povera di ossigeno, intensa esposizione ai raggi ultravioletti, sbalzi termici impressionanti sulle superfici fogliari (da −10 °C a +40 °C nello stesso giorno, a causa della forte radiazione diurna e del raffreddamento notturno) e violente tempeste di vento e pioggia, alternate a lunghi periodi di siccità. Eppure, queste piante non solo resistono: si adattano, si rafforzano e, conseguentemente, sviluppano proprietà officinali di crescente interesse in Italia e in Europa, per loro applicazioni sia nel campo dell’agricoltura biologica che in medicina.
Durante la suddetta missione è stata condotta una spedizione tecnica nella riserva ecologica del Páramo El Ángel, a 3.800 metri di altitudine. In questo contesto, l’attenzione si è concentrata su due piante emblematiche della riserva:
- Clinopodium nubigenum (Kunth) Kuntze (nome comune “sunfo”): pianta officinale della famiglia delle Lamiaceae (foto 2).
- Espeletia pycnophylla subsp. angelensis Cuatrec. (nome comune “frailejón”): pianta officinale della famiglia delle Asteraceae, endemica del páramo di El Ángel (foto 3).
Entrambe rappresentano risorse chiave per lo sviluppo di nuovi “bio input” agricoli, studi fitochimici e strategie di conservazione integrata.

Foto di Maurizio Antonetti
Che cos’è il “páramo”?
Il páramo è un ecosistema esclusivo delle Ande settentrionali, caratterizzato da condizioni ambientali estreme, tanto da poter essere considerato un laboratorio naturale in alta quota. È infatti caratterizzato da:
- forti escursioni termiche giornaliere,
- elevata radiazione UV,
- suoli vulcanici giovani,
- alta umidità e bassa pressione parziale dell’ossigeno.
In Ecuador il páramo copre circa 1,5 milioni di ettari, pari al 6% del territorio nazionale. Si tratta di un vero e proprio “hotspot” di biodiversità e di endemismi vegetali (7%), e svolge un ruolo cruciale nella regolazione idrogeologica, nel sequestro del carbonio e nell’approvvigionamento idrico per milioni di persone. Tuttavia, minacce crescenti come il pascolo intensivo, l’espansione agricola, le specie aliene invasive (IAPs) e il cambiamento climatico mettono a rischio il suo delicato equilibrio ecologico. La Riserva Ecologica El Ángel, situata nel nord del Paese, è uno dei migliori esempi di páramo ben conservato (foto 4).
Con oltre 15.700 ettari protetti, quest’area è stata riconosciuta come sito Ramsar per il suo ruolo nella conservazione delle zone umide di importanza internazionale. Il suo paesaggio ospita un’elevata diversità di formazioni vegetali altoandine, tra cui distese di erbe, cuscinetti vegetali e relitti di foresta di Polylepis, che offrono condizioni uniche per lo studio di specie adattate ad ambienti estremi. In questo ambiente fioriscono piante di grande interesse scientifico e culturale, come il sunfo e il frailejón, che rappresentano esempi chiave del potenziale biologico ed ecologico di questi ecosistemi d’alta quota.

Foto di Maurizio Antonetti
Clinopodium nubigenum: il profumo del páramo
Il sunfo è una pianta aromatica strisciante, largamente utilizzata dalle comunità indigene in infusi contro il mal di montagna e il raffreddore. È conosciuta come “il profumo del páramo” e ha un forte legame simbolico con la spiritualità andina.
Dal punto di vista scientifico, il suo olio essenziale contiene carvacrolo, timolo e p-cimene, composti bioattivi con attività:
- insetticida e repellente (contro Sitophilus zeamais e Lucilia sericata),
- antibatterica e antifungina.
Tali proprietà rendono il sunfo una pianta di grande interesse per l’agricoltura sostenibile italiana ed europea: i suoi olii essenziali, infatti, possono costituire la base per la formulazione di biopesticidi naturali, alternativi ai fitofarmaci chimici, utilizzabili in regime biologico per coltivazioni sia ornamentali che ortive.
La coltivazione in vitro

La Utn ha già raggiunto un importante traguardo tecnico: l’introduzione con successo di C. nubigenum in coltura in vitro, inclusa l’induzione di callo (cellule indifferenziate) e la formazione di germogli a partire da gemme ascellari in condizioni controllate (foto 5).
Sebbene non sia ancora stata ottenuta la rigenerazione completa di piante a partire dal callo, i risultati iniziali sono molto promettenti per lo sviluppo di protocolli di propagazione su larga scala, senza dover attingere alle popolazioni selvatiche minacciate.
La fase di acclimatazione ex vitro, ancora oggetto di studio, è uno stadio critico per garantire la sopravvivenza e l’adattamento delle piante all’ambiente naturale. Quest’ultima fase potrà essere, in un prossimo futuro, oggetto di sperimentazione anche in Italia, nei laboratori e le serre di ambientamento del Crea, con la finalità di valutare le capacità di adattamento del sunfo a condizioni agronomiche compatibili con il nostro clima, sia per coltivazioni in pieno campo che in colture protette.
Inoltre, ma non necessariamente in alternativa, potranno essere sviluppati protocolli di estrazione dei principali composti bioattivi direttamente dalle colture in vitro, con evidenti vantaggi economici e miglioramento qualitativo delle produzioni.
Tale sfida, di grande interesse per ricercatori e operatori del settore agrochimico, sarà affrontata nell’ambito della cooperazione Utn–Crea, con l’obiettivo di sviluppare un modello sostenibile di domesticazione e valorizzazione biotecnologica del sunfo.
Frailejón: una sentinella idrica e una risorsa nascosta
Espeletia pycnophylla è forse la pianta più emblematica della flora del páramo, caratterizzata da una morfologia inconfondibile: rosette caulescenti con foglie argentate e vellutate, simili a “orecchie di coniglio” e infiorescenze a capolino giallo (foto 6).
Dal punto di vista ecologico, svolge un ruolo essenziale nell’equilibrio idrico del páramo, regolando l’umidità del suolo ed immagazzinando l’umidità atmosferica.
Tradizionalmente viene utilizzata dalle popolazioni indigene come rimedio naturale contro asma, sinusite e bronchite. Sebbene i composti chimici di E. pycnophylla non siano ancora stati completamente identificati, studi effettuati su specie affini (Espeletia schultzii) hanno rilevato la presenza di diterpeni, flavonoidi e benzofenoni con attività antibatterica. Per le sue caratteristiche, si presta a studi congiunti nel campo della fitoterapia, dell’ecologia funzionale e del ripristino ambientale, con applicazioni di rilievo per entrambi i contesti, ecuadoriano e italiano.
Un laboratorio vivente
Questo primo contatto tra Utn e Crea segna l’inizio di una cooperazione scientifica di ampio respiro tesa alla valorizzazione di queste e di altre specie attraverso la ricerca applicata, con ricadute non solo a livello locale, ma anche in contesti agricoli e biotecnologici propri di altri Paesi europei. Tra i principali obiettivi della collaborazione:
- creare protocolli di colture in vitro per specie di alto valore ecologico a molteplice attitudine;
- la valutazione degli effetti dei principali composti bioattivi;
- lo sviluppo di bioformulati per l’agricoltura biologica e per l’industria farmaceutica;
- la creazione di nuove strategie per la conservazione della biodiversità e l’uso sostenibile di risorse naturali; Insomma, il páramo delle Ande ecuatoriane si trasforma in un laboratorio vivente, dove la scienza incontra la tradizione e dà origine a soluzioni innovative, applicabili anche e soprattutto in un contesto europeo.
Bibliografia
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Autori dell'articolo
María Cristina Echeverría, Sania Ortega Andrade - Universidad Técnica del Norte (Utn), Ecuador
Gianluca Burchi, Maurizio Antonetti - Crea - Centro di ricerca Orticoltura
e Florovivaismo
Contributo realizzato a cura della sezione ortoflorovivaismo della SOI