Fitopatogeni trasmessi da insetti: nuove criticità per l’orticoltura

Tomato spotted wilt virus appartiene alla famiglia Tospoviridae ed è trasmesso dal tripide Frankliniella occidentalis
Nel comparto orticolo piemontese aumentano le preoccupazioni per fitopatogeni veicolati da insetti. Ricercatori dell’Università di Torino hanno rilevato la presenza di ‘Candidatus liberibacter solanacearum’ e approfondito la diffusione di Tswv e dei principali vettori. Una ricognizione sul territorio mette in luce rischi emergenti e strategie di contenimento

Nuove problematiche e criticità note da tempo: i fitopatogeni veicolati dagli insetti destano preoccupazioni crescenti nel comparto orticolo piemontese. L’allerta proviene dai ricercatori del Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, che hanno riscontrato, sul territorio regionale, la presenza di ‘Candidatus liberibacter solanacearum’.

«Abbiamo eseguito uno screening preliminare su alcune orticole e sulle specie di psillidi che potrebbero trasmettere il patogeno», spiega Rosemarie Tedeschi, docente di Entomologia generale e applicata presso il Disafa di Unito. Lo studio, che ha documentato la presenza del batterio, è stato avviato nel 2022, con campionamenti di materiale vegetale e catture di insetti potenziali vettori nei terreni di aziende specializzate nella produzione di carote, patate, sedano e pomodori fra Borgo San Dalmazzo, nel Cuneese, Pontecurone, nell’Alessandrino, Avigliana, nel Torinese e Magnano, nel Biellese. «Al momento, la problematica riguarda le carote, dove il batterio è stato rilevato sia nelle piante che nelle psille; per sedano, patata e pomodoro non abbiamo avuto riscontri», spiega la docente.

Sintomi e danni causati dal patogeno

Un’altra specie del patogeno ‘Candidatus Liberibacter europaeus’ era già segnalata in Piemonte dal 2011, su alcune specie di rosacee «ma senza comparsa di sintomi». ‘Candidatus liberibacter solanacearum’, invece, colpisce solanacee e apiacee con gravi danni economici. «Il patogeno si localizza nel floema e interferisce con la distribuzione della linfa elaborata prodotta dalla fotosintesi, causando diverse malformazioni». Nel caso delle carote, il quadro sintomatologico comprende «la riduzione delle dimensioni del fittone e la comparsa di radici avventizie che deprezzano il prodotto. Nel sedano, invece, il batterio provoca deformazioni del cespo e delle coste, mentre nelle patate determina imbrunimenti dei tuberi che ne compromettono l’utilizzo, in particolare da parte dell’industria», precisa Tedeschi.

Meccanismi di trasmissione e ruolo degli insetti vettori

Il patogeno si trasmette principalmente attraverso insetti vettori: «Le psille acquisiscono il batterio nutrendosi della linfa elaborata di piante infette. Una volta ingerito, attraversa l’intestino dell’insetto, si moltiplica nei tessuti interni e raggiunge le ghiandole salivari, da cui può essere trasmesso a nuove piante durante successive punture di alimentazione». Una volta infetto, l’insetto vettore può trasmettere il patogeno per tutta la vita.

Materiale propagativo infetto – tuberi-seme di patata o semi di carota – può veicolare il batterio. «Sebbene ci siano evidenze storiche sulla presenza di ‘Candidatus liberibacter solanacearum’ in semi di carota già negli anni ’70 in Europa, la trasmissione tramite seme sembra essere molto rara e inefficiente, tanto che non è considerata una via epidemiologicamente significativa». Nel Vecchio continente, l’espansione dei sintomi associati a ‘Candidatus liberibacter solanacearum’ potrebbe essere correlata, in parte, all’aumento delle popolazioni dei vettori: «Le condizioni climatiche recenti potrebbero aver favorito la loro diffusione e la trasmissione del patogeno», spiega Tedeschi.

Campionamenti, analisi e picchi stagionali

I prelievi di campioni vegetali e di insetti – sottoposti ad analisi molecolari mediante estrazione ed amplificazione del Dna e successivo sequenziamento per accertare la presenza del batterio – sono stati eseguiti nel 2022 e 2023. «Fra giugno e dicembre su carota, con visite cadenzate ogni 10 giorni; fra giugno e agosto su patata, con 4 campionamenti. Il picco di presenze è stato documentato fra luglio e settembre, rispettivamente per patata e carota».

Specie di psille identificate sul territorio piemontese

Tre le specie di psille presenti, con maggiore frequenza, nei siti indagati «Bactericera trigonica vive su apiacee come carote, sedano e prezzemolo e può portare a termine fino a 6 generazioni l’anno. Gli insetti, inoltre, rimangono sui residui vegetali anche durante l’inverno». Esemplari infetti di Trioza urticae, invece, «sono stati rinvenuti su piante infestanti come l’ortica. Potrebbero spostarsi accidentalmente nei campi coltivati e diffondere il batterio, ma non sono tipicamente associati a carote e patate».

Bactericera trigonica

Heterotrioza chenopodii è risultata la seconda specie per presenze, positiva al batterio e diffusa su patata e carota, ma anche su piante spontanee come Chenopodium album. Bactericera nigricornis, infine, è il riscontro più preoccupante. «Si tratta di una specie altamente polifaga, che può nutrirsi anche su solanacee. Sverna su conifere e ritorna nei terreni coltivati a primavera».

Heterotrioza chenopodii

Aplotipi rilevati e prospettive di ricerca

Il sequenziamento del Dna dei campioni positivi ha permesso di individuare alcuni aplotipi di ‘Candidatus liberibacter solanacearum’. «L’aplotipo D, associato a carota e alle psille Bacetricera trigonica e Heterotrioza chenopodii, e l’aplotipo U, associato alla psilla dell’ortica ma anche a Bactericera nigricornis». La correlazione fra insetto e aplotipo del batterio, parametro molto variabile, deve ancora essere chiarita, «con la prosecuzione delle indagini, decisiva per evitare epidemie in futuro».

Misure di prevenzione e difesa dai vettori

La lotta ai vettori è l’unica arma per contrastare l’insorgenza del patogeno: «Si possono impiegare reti di protezione e insetticidi. L’utilizzo di materiale di propagazione sano è un altro aspetto cruciale».

Tomato spotted wilt virus – Tswv o Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro – è un’avversità nota da tempo nel comparto orticolo piemontese, specie per i danni causati sul peperone, coltivato fra le province di Cuneo e Torino. Il fitopatogeno appartiene alla famiglia Tospoviridae ed è trasmesso da Frankliniella occidentalis, un tripide originario della California segnalato in Italia nel 1987.

Sintomi del Tswv e limiti della resistenza genetica

Luciana Tavella, docente di Entomologia generale e applicata presso il Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e forestali dell’Università di Torino ha una lunga esperienza di studi nel settore. «Tswv è un virus sistemico con una sintomatologia che va dall’arricciamento delle foglie, alla riduzione del vigore vegetativo delle piante fino alla morte. L’accrescimento stentato delle orticole colpite riduce le produzioni, eventuali frutti non sono più commercializzabili». Per ovviare sono state selezionate varietà di pomodori e peperoni resistenti al virus, caratteristica che però può venire rapidamente superata.

Ciclo biologico del tripide vettore

L’associazione tra Frankliniella occidentalis e Tswv è favorita dalla rapidità del ciclo riproduttivo del tripide. «All’interno delle serre può completarsi nell’arco di 2-3 settimane e le generazioni proseguono per tutto l’anno; in campo, invece, si osserva un rallentamento nella stagione invernale. Con la puntura di nutrizione l’insetto - oltre a causare danni diretti come depigmentazioni su frutti e foglie – può inoculare il virus nelle piante attraverso la saliva», prosegue Tavella. Il comportamento polifago del vettore agevola la diffusione del patogeno: le colture bersaglio, oltre al peperone, includono un ampio novero di orticole – pomodoro, lattuga e carciofo su tutte – floreali e ornamentali.

Meccanismi di acquisizione e trasmissione del virus

Gli studi sul ciclo biologico del tripide hanno chiarito le dinamiche di trasmissione di Tswv: «L’acquisizione è limitata alla neanide di prima età, in seguito si formano barriere intestinali e il virus ingerito viene escreto». Frankliniella occidentalis depone le uova all’interno dei tessuti delle piante, fiori o foglie, dove si sviluppano i primi due stadi giovanili, mentre le due fasi pupali successive si rifugiano nel terreno, da dove emerge l’adulto. «Le neanidi nate su piante infette possono acquisire il virus, che entra in circolo e, dopo una fase di latenza, è pronto per essere trasmesso». L’intero processo si compie nell’arco di una decina di giorni al termine dei quali l’adulto diventa infettivo.

Diversi stadi di Frankliniella occidentalis

Difesa integrata e strategie di contenimento

Le strategie di contenimento possono sfruttare questo lasso di tempo nell’ambito della difesa integrata. «L’eliminazione delle orticole infette, alla prima comparsa dei sintomi, può interrompere la diffusione del virus perché elimina gli adulti che potrebbero trasmetterlo. Le piante colpite devono essere rimosse e distrutte, avendo cura di non disperdere i tripidi presenti». L’impiego di prodotti fitosanitari contro il vettore, per contro, è problematico: «I formulati sono sempre meno numerosi e non permettono di raggiungere le uova, deposte nei tessuti, e le pupe, che si trovano nel terreno».

Biocontrollo e utilizzo di antagonisti naturali

Il rilascio degli antagonisti naturali del tripide oggi in commercio – acari fitoseidi del genere Amblyseius ed eterotteri antocoridi del genere Orius – è un altro dei cardini della strategia di contrasto. «Orius laevigatus e altre specie congeneri sono predatori molto efficaci, inoltre colonizzano i fiori, dove si localizza di preferenza Frankliniella occidentalis. Le ricerche, oggi, sono orientate verso la selezione di popolazioni di Orius laevigatus di maggiori dimensioni e o resistenti a fitofarmaci o, ancora, di specie adatte a contrastare tripidi come Thrips parvispinus ed Echinothrips americanus che si insediano sulle foglie», prosegue Tavella.

Prevenzione in campo e gestione del materiale vivaistico

L’eliminazione delle infestanti presenti lungo il perimetro del campo, potenziali inoculi dell’infezione, e l’utilizzo di materiale vivaistico esente da Tswv completano il quadro delle soluzioni preventive. «Il patogeno potrà giungere in campo soltanto tramite adulti infettivi: i trattamenti insetticidi consentono, una volta rilevata la presenza del virus ed eliminate le piante infette, di intervenire in modo mirato».

Fitopatogeni trasmessi da insetti: nuove criticità per l’orticoltura - Ultima modifica: 2025-12-10T12:32:41+01:00 da Alessandro Piscopiello

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