L’orticoltura di pieno campo soffre a causa della degenerazione dei suoli italiani. Lo indica chiaramente il sempre maggiore interesse degli orticoltori verso quei prodotti che, stimolando la fisiologia della pianta, sopperiscono alla sempre minore fertilità dei suoli.
Perdita di fertilità e biodiversità
Il terreno agrario, dopo decenni e decenni di lavorazioni basate sul rivoltamento e la disgregazione, unito a un uso eccessivo di concimi azotati, ha perso la capacità di rigenerarsi. Depauperato della sostanza organica, non è più in grado di sostenere le dinamiche chimico-fisiche e biologiche generatrici di fertilità.
Inoltre, al mantenimento o al recupero di uno stato fisico adeguato a sostenere la produzione agricola hanno sempre concorso oltre alle stesse colture e alla vegetazione spontanea, una diversificata macrofauna che incessantemente ricostruisce, nei suoli naturali, la macroporosità del terreno. E ancora, privato di una copertura vegetale continua, rimanendo nudo per la maggior parte dell’anno, perde elementi nutritivi, humus, biodiversità. Tutto ciò spiega la fragilità che caratterizza i suoli agricoli di oggi.
Perché serve un’orticoltura leggera
Il terreno agrario è di gran lunga la risorsa più preziosa per l’umanità e non è rinnovabile. Vi è quindi necessità di individuare, in sostituzione di quella convenzionale, una agricoltura leggera, che rispetti il terreno agrario e le sue dinamiche, che sia basata su macchine che non compattino il suolo, su lavorazioni che poco lo disturbino e che non producano suole di lavorazioni.
Tecnologie e agricoltura di precisione al servizio del suolo
Oltre al ricorso ad attrezzature più appropriate, diventa sempre più necessario utilizzare i dati oggettivi che l’agricoltura di precisione può fornire. E la robotica, ovviamente, soprattutto quella capace di interagire quasi chirurgicamente col sistema agrario. Un’agricoltura che punti all’intensificazione colturale, alla copertura continua del suolo con cover crop e secondi raccolti, che inventi nuove consociazioni e avvicendamenti. Un’agricoltura leggera, intensiva, meno bisognosa di agrochimici.
Orticoltura laboratorio di innovazione
E qui può entrare in gioco l’orticoltura, forte di una sorprendente cavalcata tecnologica, insostituibile palestra per lo sviluppo delle più innovative tecnologie, proponendosi come anticipatore di nuovi percorsi agronomici basati innanzitutto sul rispetto del suolo. Un’orticoltura che operi leggera sul terreno favorendo l’evoluzione del settore agricolo in chiave di effettiva sostenibilità.
Meno disturbo al terreno, più sostenibilità
In una condizione ideale le lavorazioni dovrebbero generare solo quelle interazioni in grado di preservare le condizioni fisiche fondamentali tipiche di un buon terreno agrario e capaci di assecondare le sue dinamiche ecologiche, evitando quelle che creano un inutile disturbo.
Il creare minore disturbo non dovrebbe riguardare solo la lavorazione del terreno ma anche le altre operazioni di coltivazione, attraverso un’adeguata scelta delle attrezzature e una programmazione delle attività sulla scorta di informazioni.
La sfida della raccolta e il ruolo della Gdo
In orticoltura (ma non solo) la raccolta è la fase più difficile da superare per il terreno. Gli impegni commerciali impongono raccolte a calendario che di agronomico hanno ben poco. Poco o nulla viene concesso alla transitabilità sul campo.
Ecco allora, come facile comprendere, che oltre a tecnologie adeguate e nuovi approcci agronomici è necessario far evolvere i rapporti con la Gdo, chiedendoli di supportare questo new deal con nuove idee che magari facciano perno su una diversa informazione al consumatore.
Editoriale del numero di ottobre della Rivista di Orticoltura e Floricoltura
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