Aglio di Caraglio, coltura storica che prova a fare reddito

Viaggio tra i coltivatori di questa orticola di origine piemontese, nota per il sapore delicato e l'alta digeribilità, che le è valsa i riconoscimenti di Prodotto Agroalimentare Tradizionale (Pat) e Presidio Slow Food

Preservare una coltura identitaria e trasformarla in un’occasione di reddito per molte piccole aziende agricole: dal 2008 il Consorzio di tutela dell’aglio di Caraglio, piccolo centro posto alle porte della Valle Grana, nel Cuneese, porta avanti la sua battaglia puntando sull’agricoltura biologica e sul lavoro manuale.

«Fino agli anni Cinquanta l’aglio era molto diffuso nei vigneti dell’area, si usava lo zolfo dei trattamenti come concime. Ogni famiglia tramandava la propria semenza ma il prodotto non era molto quotato per via del gusto troppo delicato per i palati dell’epoca», spiega Debora Garino, presidente dell’ente consortile e titolare di un’azienda biologica che alterna, su una superficie di poco superiore ai due ettari, aglio, grano, mais antichi e colza. «Nei primi anni Duemila, quando sono iniziate le nostre ricerche per risalire a un ecotipo autoctono, la coltura sopravviveva soltanto in località Palazzasso, ai margini del territorio comunale».

Una problematica alla quale il Consorzio ha rimediato impostando la strategia di rilancio della coltivazione su un duplice binario: da un lato complesse operazioni di selezione condotte sulla semenza locale, coronate nel 2014 con l’inserimento dell’aglio storico fra i presidi di Slow food. Dall’altra, la semina di varietà di aglio bianco capaci di garantire produzioni soddisfacenti alle aziende affiliate, oggi la soluzione più promettente.

Bulbi francesi

«I bulbi provengono dalla regione della Drôme, in Francia – spiega Garino – li acquistiamo direttamente da produttori convenzionati e li distribuiamo fra i nostri affiliati, in questo modo eliminiamo gli intermediari. Per la campagna 2025 abbiamo comprato 41 quintali di prodotto». L’aglio viene distribuito, rigorosamente in bulbo, ai venti associati del consorzio che provvedono alla sbulbatura manuale, prima della semina. «Coltiviamo circa sette ettari di campi interamente localizzati nel comune di Caraglio». Una superficie che garantisce, in media, 400 quintali di prodotto verde, «150 commercializzabili, terminata l’essiccazione», precisa la presidente.

Prezzo minimo garantito

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Aglio di Caraglio, coltura storica che prova a fare reddito - Ultima modifica: 2025-10-13T16:28:52+02:00 da Alessandro Piscopiello

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