
Il seme è il primo anello della filiera agricola, ma nella produzione biologica resta uno dei punti più critici, sia per la disponibilità limitata che per la qualità non sempre adeguata alle sfide del settore. In risposta a questa necessità, una ricerca condotta nell’ambito del progetto europeo H2020 Bresov ha analizzato l'efficacia di protocolli nutrizionali innovativi su otto genotipi di Brassica oleracea var. italica, confrontando ibridi F1 e landrace (varietà locali) siciliane in condizioni di coltivazione biologica.
Codice | Accessione | Nome | Origine |
A | UNICT5077 | Ciurietto aprilino | Rosolini (Sr) |
B | UNICT4939 | Broccolo nero | Di3A |
C | UNICT4854 | Ramoso calabrese | ditta sementiera A |
D | UNICT4868 | Settembrino | Messina |
E | UNICT4286 | Sparaceddi | Palermo |
F | UNICT4874 | Sanmartinaro | Sortino (Sr) |
G | UNICT3578 | Marathon F1 | ditta sementiera B |
H | UNICT4943 | Gentelman F1 | ditta sementiera A |
Lista accessioni Broccolo con il loro codice di lavoro identificativo (Garcia et al., 2025)
Perché il seme biologico è un tema chiave
Le normative europee (Regolamento CE 889/2008 e Direttiva UE 848/2018) impongono l’utilizzo di sementi da agricoltura biologica certificata. Tuttavia, la disponibilità di varietà adatte è ancora insufficiente. Le aziende biologiche si trovano così spesso a dover coltivare materiali genetici selezionati per l’agricoltura convenzionale, meno adatti a condizioni di basso input.
In questo scenario, il rilancio delle varietà locali, adattate nel tempo a contesti pedoclimatici specifici e alle tecniche colturali tradizionali, rappresenta una strategia vincente. Ma per essere produttive, anche queste varietà necessitano di un supporto nutrizionale efficace, sostenibile e in linea con i principi del biologico.
Lo studio: protocolli a confronto in campo biologico
Il team di ricerca dell’Università di Catania, guidato da Ferdinando Branca, professore ordinario di orticoltura e floricoltura dell’Università di Catania, ha testato in campo otto genotipi (sei varietà locali e due ibridi commerciali) applicando tre diversi protocolli nutrizionali:
- NP0 (controllo): nessun fertilizzante aggiunto;
- NP1: trattamento con amminoacidi e funghi del genere Trichoderma (T. harzianum, T. asperellum, T. atroviride);
- NP2: stesso trattamento del NP1 con l’aggiunta di microelementi (Fe, Zn, Mn, B, Mo) in applicazione fogliare.
Le piante sono state valutate per tratti bio-morfometrici, parametri produttivi e efficienza d’uso dell’azoto (Nue), misurando la variazione dell’azoto nel suolo tra inizio e fine ciclo colturale e la resa in seme.

Le varietà locali vincono per resa e Nue
I dati raccolti hanno mostrato un netto vantaggio delle varietà locali rispetto agli ibridi, in particolare Broccolo nero (B) e Sparaceddi (E). Entrambi i genotipi hanno ottenuto le rese in seme più elevate, superando Marathon e Gentleman, i due ibridi F1 inclusi nello studio. In condizioni di trattamento NP1, Broccolo nero ha fatto segnare la massima efficienza di utilizzo dell’azoto, con una Nue positiva, dimostrando di trasformare efficacemente l’azoto disponibile nel suolo in produzione di seme.
Al contrario, NP2 ha talvolta generato un eccesso di azoto nel terreno, con una conseguente Nue negativa in alcuni genotipi, sottolineando l’importanza di un dosaggio equilibrato anche nei trattamenti biologici.

Il ruolo del Trichoderma nella nutrizione biologica
I biostimolanti microbici utilizzati, in particolare i consorzi a base di Trichoderma spp., si sono dimostrati estremamente efficaci nell’aumentare la biomassa vegetale e la qualità delle infiorescenze. Sotto NP1, si è registrato un incremento medio del 43% nel peso della pianta rispetto al controllo. Le piante hanno anche anticipato la fioritura e prodotto siliqua più numerose e più sviluppate.
Questi microrganismi migliorano l’assorbimento dei nutrienti e la struttura radicale, oltre ad agire sulla resistenza agli stress abiotici, in linea con un’agricoltura sempre più minacciata dai cambiamenti climatici.
Genotipi diversi, risposte diverse
Un'analisi delle componenti principali (PCA) ha permesso di distinguere chiaramente le risposte dei genotipi ai trattamenti. Le landrace si sono mostrate più stabili e adattabili, con vantaggi evidenti in tratti morfologici legati alla produttività (numero di rami, infiorescenze, siliqua per pianta). Gli ibridi F1, selezionati per la produzione in fresco, hanno mostrato rese in seme molto inferiori, specialmente in assenza di nutrizione aggiuntiva.
Valorizzare la biodiversità per un'agricoltura più resiliente
I risultati ottenuti rafforzano il ruolo delle varietà locali nell’agricoltura biologica, non solo per la loro adattabilità a sistemi a basso input, ma anche come materiale di partenza per programmi di miglioramento genetico. L’elevata Nue osservata suggerisce che queste varietà sono più efficienti nel trasformare le risorse del suolo in produzione, rendendole strategiche per affrontare le restrizioni normative sull’uso di fertilizzanti e il cambiamento climatico.
Questo studio offre indicazioni concrete per gli operatori del biologico:
- Le varietà locali di broccolo, se ben gestite, possono superare in resa e sostenibilità gli ibridi commerciali.
- I biostimolanti microbici, specie quelli a base di Trichoderma, si confermano efficaci alleati per migliorare la resa e la Nue, senza sovraccaricare il suolo.
- Il trattamento NP1 ha rappresentato il miglior compromesso tra stimolo vegetativo e rispetto del suolo, evitando eccessi azotati.
I risultati mostrano che le varietà locali si sono dimostrate nettamente superiori nella produzione di seme e nell’efficienza d’uso dell’azoto (Nue), specie se supportate da fertilizzanti organici arricchiti con Trichoderma spp. e amminoacidi.
Per il futuro, sarà fondamentale adattare questi approcci su larga scala, verificando la loro efficacia in diversi contesti pedoclimatici e all’interno delle rotazioni colturali. Il potenziale c’è, e risiede nella combinazione tra tradizione varietale e innovazione agroecologica.