La crisi climatica sta mettendo a dura prova le imprese agricole della Puglia che praticano l’orticoltura industriale. La siccità, che, accompagnata da alte temperature, dura ormai da troppo tempo e ha impedito il riempimento delle dighe, incalza i produttori a lasciare vuoti i terreni, li costringe a ritardare i trapianti e a ridurre i cicli colturali, ma anche a cercare soluzioni praticabili. Sono questi i temi che affronterà il convegno “L’orticoltura industriale pugliese di fronte alla sfida climatica. Strategie per garantire sostenibilità e redditività” che Edagricole terrà a Bari in occasione di Agrilevante (qui tutte le informazioni).
Siccità, vecchia conoscenza

La Puglia ha vissuto lunghi periodi siccitosi anche negli scorsi decenni, ma affrontare la siccità adesso è, rispetto al passato, più difficile per la carenza di invasi adeguati e più insostenibile sotto il profilo economico, dichiara Giuseppe De Filippo, presidente di Futuragri società cooperativa agricola di Foggia e del Consorzio per la bonifica della Capitanata.
«Questa terra è storicamente siccitosa. Dal 1980 al 1995 ha sofferto una delle più pesanti epoche aride della sua recente storia. Poi, dal 1995 al 2022, è piovuto di più e in maniera abbastanza regolare. Negli ultimi anni è iniziato un nuovo ciclo siccitoso, particolarmente grave in provincia di Foggia, dove gli invasi gestiti dal consorzio hanno una disponibilità idrica di gran lunga inferiore a quella degli scorsi anni. In Puglia abbiamo pochissima e preziosa acqua superficiale. Nei primi decenni del secondo dopoguerra sono stati costruiti gli invasi ancora oggi disponibili, ma, dagli anni 80 in poi, questa meritoria attività è rimasta incompiuta. Le dighe di Palazzo d’Ascoli e di Piano dei Limiti non sono mai state erette. Nel frattempo l’agricoltura è diventata più intensiva ed è aumentata la necessità di acqua per usi irrigui. Come affrontano gli agricoltori questa grave situazione? Male. Anche perché oggi realizzare un vascone aziendale per l’accumulo di acqua costa molto di più che negli anni 80. Occorre perciò riprendere a costruire invasi e recuperare tutte le risorse idriche possibili, razionalizzare l’utilizzo dell’acqua e coltivare varietà rustiche e, quindi, più resistenti alla siccità e alle alte temperature».
Soffre il pomodoro

In Puglia, spiega Giulia Conversa, professore ordinario di Orticoltura e Floricoltura presso il Dipartimento di scienze agrarie, alimenti, risorse naturali e ingegneria (Dafne) dell’Università di Foggia, il cambiamento climatico significa soprattutto estati particolarmente calde, dilatate prima e dopo il normale trimestre della stagione. Queste sono spesso caratterizzate da ondate di calore con temperature superiori alle medie stagionali, che in Capitanata hanno raggiunto negli scorsi anni valori fra 35 e oltre 40 °C, per più giorni e persino settimane di seguito. Sotto il peso di tali ondate di calore, anche le colture irrigue che godono di una buona disponibilità idrica soffrono poiché le temperature diurne e notturne troppo elevate ne bloccano i processi fisiologici e risultano particolarmente dannose durante i periodi di fioritura.
«Il cambiamento climatico influenza soprattutto le colture orticole estive e in particolare il pomodoro da industria, la coltura estiva per eccellenza nella regione, specialmente in provincia di Foggia. In questa zona alle ondate di calore si aggiunge la perdurante riduzione della piovosità e la conseguente diminuzione della disponibilità di acqua nella diga di Occhito e negli altri invasi gestiti dal Consorzio per la bonifica della Capitanata. Quest’anno si è dovuta gestire anche una grave carenza idrica che ha costretto i produttori di pomodoro a ridurre le superfici coltivate laddove non è stato possibile ovviare con risorse idriche di falda, attingendo da pozzi aziendali già aperti o riattivati. Tuttavia il ricorso ai pozzi, con emungimento dell’acqua di falda, apre la strada a un altro problema: l’abbassamento o l’esaurimento della falda stessa e, nelle zone più vicine alla costa, il rimescolamento con acqua da intrusione marina. Di conseguenza, l’acqua di falda diventa sempre più salmastra, con forti limitazioni per il suo uso irriguo».

Irrigazione automatizzata
Oltre a incidere sui risultati produttivi del pomodoro da industria, le alte temperature, che stanno caratterizzando anche i mesi primaverili e autunnali, costringono gli agricoltori a rivedere i calendari di trapianto e raccolta delle ortive autunno-invernali come cavolo broccolo, spinacio e lattughe. A questo si aggiunge l’incertezza sulla disponibilità idrica. «Quest’anno molti agricoltori non hanno potuto effettuare i trapianti di agosto e inizio settembre per la mancanza di acqua irrigua, indispensabile in fase di trapianto e affrancamento delle piantine. È inoltre molto più difficile spingersi con cicli colturali a raccolta primaverile perché le alte temperature aumentano l’esigenza irrigua, pregiudicando anche la qualità del prodotto. Ad esempio può essere compromessa l’intensità del colore, particolarmente importante per lo spinacio, si manifesta la prefioritura in spinacio e lattughe e può essere inficiata la compattezza del corimbo nel cavolo broccolo».
La carenza di risorse idriche, sia attuale che prospettica, impone di razionalizzare l’impiego delle scarse disponibilità per salvaguardare le superfici coltivate a pomodoro da industria e ad altre ortive e difenderne la qualità, sottolinea Conversa. «L’Università di Foggia studia da anni tecniche irrigue finalizzate al risparmio idrico. Da tempo è stato messo a punto un sistema di supporto per gli agricoltori basato su modelli di bilancio idrico e azotato previsionali, implementati in un software finalizzato a comunicare direttamente all’agricoltore il fabbisogno irriguo e azotato giornaliero della coltura (EcoFert). Attualmente, nell’ambito del progetto Agritech finanziato dal Pnrr, un’attività dello Spoke 6 - “Modelli di gestione per promuovere la sostenibilità e la resilienza dei sistemi agricoli”, di cui è responsabile il professor Antonio Elia del Dafne, ha consentito di sviluppare un ulteriore servizio per l’agricoltore mediante un sistema di automazione dell’irrigazione in ambito rurale utilizzando tecnologie Lpwan (reti ad ampia area a bassa potenza)».
Zeoliti e biostimolanti
Sempre sul pomodoro da industria l’Università di Foggia sta sperimentando la distribuzione sulla parte aerea di zeoliti e sul terreno di biostimolanti a base di funghi micorrizici. «Le zeoliti sono minerali di origine vulcanica che normalmente vengono distribuite sulla parte aerea della pianta per difenderla da insetti e malattie. Dalle prove condotte è emerso che, a seconda della granulometria, le zeoliti possono proteggere le piante dallo stress termico grazie alla riflessione della luce. Per la zeolite micronizzata è stato possibile evidenziare un vero e proprio effetto biostimolante dovuto al maggiore contenuto di silicio ritrovato nelle bacche, comparabile alle piante trattate con prodotto a base di silicio. Le piante trattate con zeoliti restano verdi più a lungo, svolgendo in maniera ottimale l’attività fotosintetica. I biostimolanti microbici a base di funghi micorrizici arbuscolari rappresentano un’altra strategia di risposta ai cambiamenti climatici. Somministrati al terreno, anche mediante fertirrigazione, realizzano un’efficace simbiosi con le radici, aiutandole ad assorbire acqua e nutrienti, sostenendo le piante nell’affrontare il forte stress termico e migliorandone le condizioni generali».