Le applicazioni del fuori suolo (ma io preferisco la locuzione "senza suolo") sono tantissime:
- quelle del passato, orientate esclusivamente a ricerche di fisiologia vegetale (che poi sono state trasferite alle produzioni vegetali, nonostante lo scetticismo di Hoagland e Arnon);
- quelle del presente, che spaziano dall’ambito sociale a quello ambientale;
- quelle del futuro, che si proiettano nello spazio.

Le sfide dell’agricoltura e il ruolo delle coltivazioni senza suolo
Le coltivazioni senza suolo avranno sempre più un ruolo determinante per affrontare le principali sfide dell’agricoltura (e dell’orticoltura), tra cui:
- la continua migrazione dalle zone rurali alle aree urbane;
- la perdita di terreno produttivo (40 ettari al giorno in Italia);
- il cambiamento climatico globale.
Questi sistemi consentono una maggiore produttività, una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e produzioni più costanti nel tempo rispetto all’agricoltura tradizionale basata sul suolo. Inoltre, saranno favorite dalle tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, i big data, l’Internet delle cose (IoT) e il cloud computing.
Il ruolo delle coltivazioni senza suolo nella didattica
Le coltivazioni senza suolo trovano applicazione anche nell’ambito didattico. Recentemente, il Ministero dell’Istruzione ha finanziato la "Realizzazione di ambienti e laboratori per l’educazione e la formazione alla transizione ecologica" attraverso i PON per la scuola.
- Azione 1 - Edugreen: laboratori di sostenibilità per il primo ciclo con progetti da 25.000 €, per un totale di oltre 16 milioni di euro e 729 proposte approvate.
- Azione 2 - Laboratori green: sostenibili e innovativi per le scuole del secondo ciclo nelle regioni del Mezzogiorno, con 58 progetti finanziati per 3 milioni di euro.
Molto spesso, i progetti finanziati riguardano moduli di produzione senza suolo e serre per colture idroponiche.
La diffusione delle coltivazioni senza suolo in Italia
Un recente rapporto sull’orticoltura, presentato a Fruit Logistica di Berlino dall’ufficio statistica e studi di Unioncamere Puglia (il Sismografo n. 24), ha evidenziato che:
- le imprese specializzate in colture protette in serra rappresentano il 13,7% delle 61.241 imprese orticole italiane;
- le aziende classificate con colture "fuori suolo" (codice Ateco 01.13.21) sono solo 699.
La distribuzione territoriale evidenzia delle differenze significative:
- Sicilia: 4.203 imprese specializzate in colture protette, ma solo il 4,38% in coltivazioni fuori suolo;
- Marche: la percentuale più alta di aziende fuori suolo, con quasi un quarto del totale;
- Veneto: 70 imprese fuori suolo su 325 in coltura protetta (21,5%).
Il divario tra ricerca e diffusione
Nonostante l'Italia sia tra le prime nazioni per numero di pubblicazioni sul fuori suolo indicizzate da Scopus, la diffusione di queste tecniche è ancora limitata. La ricerca e la divulgazione sono molto avanzate, ma la produzione su larga scala rimane complessa e costosa, soprattutto a causa della mancanza del "volano" del terreno, che rende l'agricoltura senza suolo una sfida impegnativa e più onerosa rispetto ai metodi tradizionali.