L'orticoltura terapeutica è una disciplina che nasce dall'esigenza di massimizzare i benefici dati dalla relazione con la natura, trasformando il semplice lavoro nel verde in un vero e proprio strumento di prevenzione e cura.
L’Ahta (American Horticultural Therapy Association) la definisce come “una pratica che coinvolge gli utenti in attività di orticoltura condotte da un terapeuta esperto e formato, al fine di raggiungere obiettivi specifici e documentati all’interno di un piano di trattamento stabilito".
Ad oggi, grazie alla risonanza magnetica funzionale possiamo individuare l’attivazione delle aree cerebrali durante un’attività. Allo stesso modo, il dosaggio degli ormoni da stress ci aiuta a capire come la presenza delle piante regoli i segnali di stress e fatica e di conseguenza i sintomi fisici che ne derivano, favorendo così il benessere.
L’orticoltura terapeutica ricerca in modo specifico il ripristino del legame con l’ambiente naturale, evoluto nel corso di migliaia di anni. A questo scopo, utilizza le attività orticolturali, la cui efficacia è amplificata e rafforzata dal contatto sensoriale, creando opportunità per riconnettersi con la natura in modo significativo e strutturato.
Come funziona l’orticoltura terapeutica
Sebbene l’orticoltura terapeutica e le cosiddette "attività in natura" (Nature-based Activities) condividano l’uso della natura come strumento di benessere, esistono differenze significative, poiché in un'attività terapeutica è possibile misurare, valutare e documentare i cambiamenti che vengono generati.
Affinché il potenziale benefico dell’interazione con la natura si trasformi dunque in un vero e proprio strumento terapeutico, è necessario un approccio strutturato che:
- deve focalizzarsi sul benessere della persona tramite la scelta e lo svolgimento delle attività che rispondano a obiettivi specifici,
- prevede attività programmate per fornire risultati misurabili in termini qualitativi e quantitativi e pertanto dimostrabili,
- prevede altresì risultati documentati e rimodulabili sulla base delle esigenze del soggetto.
Ma come si misura il cambiamento? A seconda degli aspetti che è necessario valutare si possono adottare strumenti differenti:
- un test di valutazione delle abilità cognitive,
- scale di valutazione funzionale che indicano il miglioramento nelle competenze motorie e in termini di resistenza,
- questionari di autovalutazione delle competenze relazionali e del tono dell’umore,
- un test di misurazione del cortisolo nel sangue per valutare la riduzione dello stress.
Questi sono solo alcuni esempi di possibili strumenti di misurazione.
Dove agisce
La mancata capacità di impiegare abilità cognitive, fisiche o relazionali alla vita quotidiana limita la possibilità di rispondere adeguatamente alle sfide imposte dal contesto nel quale si vive. Generalmente chi partecipa a un programma di orticoltura terapeutica presenta difficoltà connesse a una ridotta capacità di far fronte a richieste sociali e ambientali che sono da ricondurre a ragioni congenite o acquisite, transitorie o permanenti, con conseguente limitazione nell’autonomia dal punto di vista fisico, cognitivo, relazionale ed economico.
L’orticoltura terapeutica lavora sull’autonomia, incoraggiando il miglioramento di funzioni esecutive e cognitive, competenze motorie, abilità relazionali, facendo leva sulla connessione con la natura.
Perché è efficace?
Prendersi cura di un orto o di un giardino può migliorare concretamente la qualità della vita di tante persone attraverso:
- il risveglio e la stimolazione dei sensi;
- l’attività corporea;
- il lavoro di gruppo;
- il contatto con la natura.
Ne consegue un giovamento profondo a livello fisico, mentale ed emotivo. In particolare, il beneficio dell’interazione con le piante può essere acquisito sia attraverso la permanenza nel giardino, ma soprattutto tramite la partecipazione alle attività di orticoltura. La coltivazione delle piante coinvolge il corpo e la mente, attivando risposte sia a livello fisico, ma anche cognitivo ed emotivo, che amplificano gli effetti terapeutici di trattamenti medici e psicologici garantendo un approccio integrato al benessere.
Per fare solo qualche esempio, le attività possono contribuire al miglioramento delle funzionalità a livello:
- fisico come competenze motorie fini e di base, sistema cardiocircolatorio, regolazione del sonno;
- cognitivo, come l’aumento delle capacità attentive, della memoria, dell’orientamento spazio-temporale e il miglioramento delle competenze pratico-organizzative;
- psicologico, come il conseguimento di un generale incremento del tono dell’umore e dell’autostima e con la riduzione di ansia e depressione;
Inoltre, possono contribuire al miglioramento delle abilità relazionali, con il rafforzamento delle competenze sociali, del senso di responsabilità e appartenenza.
Ambiti applicativi
A partire dall’estrema varietà di ambiti applicativi dell’orticoltura terapeutica che spaziano dall’età evolutiva verso l’età adulta e la terza età, diverse sono le esperienze che vengono portate avanti in ambito nazionale da professionisti formati che operano come liberi professionisti oppure all’interno di strutture (enti di varia natura).
A questo proposito l’Area Villa Ghigi della Fondazione IU Rusconi Ghigi è attiva dal 2010 nell’ambito dell'orticoltura terapeutica e suoi professionisti sono coinvolti sia per progetti sul territorio insieme a cooperative sociali e strutture sanitarie pubbliche, sia nel campo della formazione con corsi, seminari, eventi, con l'obiettivo di creare importanti opportunità di discussione e confronto su questo specifico tema. Dal 2022 è inoltre partner scientifico nell'ambito del master in Orticoltura terapeutica, nonché sede dello stesso master.
Un’esperienza significativa
Un progetto piuttosto rappresentativo che ha visto coinvolte proprio le operatrici della Fondazione IU Rusconi Ghigi è quello realizzato tra l’inizio del 2017 e la fine del 2022 con la Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) di Bologna. La struttura sanitaria, gestita dal Dipartimento di salute mentale dell’Ausl di Bologna che, con l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), si è occupata della cura e della riabilitazione di persone autrici di reato affette da disturbi mentali fino alla chiusura della sede in ambito cittadino, avvenuta a inizio 2023.
Il programma sociale e di benessere con una componente di tipo terapeutico e riabilitativo individuato per rispondere ai bisogni dei partecipanti, ha coniugato attività di tipo partecipativo ad altre a carattere più osservativo ed esplorativo. Gli incontri settimanali con i pazienti della struttura consistevano infatti in attività di cura dell’area ortiva e delle aiuole di piante ornamentali all’interno dell’area verde di pertinenza della Rems, alternate a passeggiate esplorative in aree verdi di qualità, pubbliche e private, della città di Bologna e dell’area metropolitana.
Le finalità individuate sono state connesse al miglioramento del benessere generale dei partecipanti attraverso la proposta di attività ricreative di valore. In questo specifico contesto, l'interazione tra i partecipanti è stata incoraggiata come parte di un processo volto ad aumentare la soddisfazione personale e una conseguente crescita in termini di autostima, nonché a proporre opportunità di calma e relax per placare tensioni e aggressività.
Il tipo di programma, già di per sé orientato verso la vita all’aria aperta e a un utilizzo consapevole del corpo, ha beneficiato ulteriormente degli effetti delle passeggiate esplorative nel territorio introducendo l’elemento della pratica del camminare e di tutte le implicazioni ad essa connesse.
L’intervento ha registrato inoltre una buona ricaduta anche sul personale della struttura che ha trovato, nelle sessioni pratiche nell’orto-giardino, occasione di svago, interazione con i pazienti e acquisizione di competenze in merito a conoscenza e cura di ortaggi, piante da frutto e fiori.
L’orticoltura terapeutica previene lo stress da lavoro correlato
Tra i tanti ambiti applicativi dell’orticoltura terapeutica, il progetto Erasmus + (Ka210-Adu – Partenariato per l'istruzione degli adulti su piccola scala) Hortwell - Horticulture for Well-being, esplora le pratiche terapeutiche in natura, come forme preventive del burnout o più in generale del malessere legato agli ambienti di lavoro.
Il progetto, guidato dall’Asociace Zahradni Terapie della Repubblica Ceca che riunisce professionisti della terapia del giardino, vede come partner Grön Arena, una rete di fattorie sociali svedesi che offrono servizi nei settori dell’assistenza sociale, scolastica e sanitaria, e la già citata Fondazione IU Rusconi Ghigi. Il progetto pone l’attenzione sulle attività di interazione con la natura con finalità terapeutiche e riabilitative secondo un modello operativo che deve tener conto dei bisogni di chi beneficia delle attività e dei contesti di esperienza.
Una prima indagine portata avanti dal progetto ha individuato nelle persone che lavorano nelle professioni di assistenza i soggetti più a rischio di burnout rispetto ad altre professioni. Dai vari studi e da qualche intervista a persone colpite da burnout si evince che in questi casi l’interazione con la natura risulta efficace se opportunamente guidata da professionisti adeguatamente formati, gli ortoterapeuti.
In questi casi si lavora spesso sul ripristino di un sano equilibrio tra ambito professionale e privato per sviluppare una maggiore resilienza per affrontare il contesto lavorativo. Il contatto con la natura e il lavoro di squadra rafforzano e amplificano le capacità relazionali, incoraggiando i partecipanti ad assumersi le proprie responsabilità e a prendersi cura di sé stessi come avviene con le piante.
Percorsi di riabilitazione in natura in Svezia
Da una mappatura sullo stato di fatto in Repubblica Ceca, Svezia e in Italia emerge che anche se sono presenti strutture che si occupano di pratica terapeutiche e riabilitative in natura, non esistono programmi specifici di prevenzione e/o contrasto della sindrome da burnout o più in generale del malessere legato agli ambienti di lavoro. Una segnalazione interessante riguarda però la Svezia, dove pazienti particolarmente soggetti a stress, depressione (non grave) o ansia, possono per esempio seguire un percorso di riabilitazione in una fattoria in campagna.
Tutti i centri sanitari e i centri di accoglienza psichiatrica della Regione di Skåne possono offrire ai pazienti la possibilità di partecipare al programma Nur, ovvero un programma di riabilitazione assistita in natura. La Regione ha stipulato accordi con otto fattorie che sviluppano approcci diversi: alcune si concentrano sulla relazione con le piante e altre lavorano con gli animali. Partendo dall’impulso offerto Regione di Skåne anche la Regione del Västra Götaland ha avviato il programma Nur in due fattorie.
Prescrivere orticoltura
L’aspetto innovativo è legato al fatto che le prescrizioni terapeutiche in fattoria provengono da centri sanitari tra i quali i centri di salute mentale. Qualcosa di simile sta avvenendo anche nel nostro paese dove si comincia a parlare di Prescrizioni Verdi (PV), note anche come prescrizioni ecologiche o prescrizioni naturali, ovvero trattamenti che mirano a mettere l’individuo a contatto con la Natura per migliorare il suo stato di salute senza il consumo di farmaci.
Rimanendo sul tema, un seminario e una tavola rotonda su benessere e natura organizzati nell’ambito del progetto Hortwell dalla Fondazione IU Rusconi Ghigi, hanno permesso di ragionare sui criteri per definire il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori partendo, dove possibile, anche dalla trasformazione dei luoghi in cui si lavora (biophilic design). Si è ragionato infine sul fatto che il contrasto al malessere sul lavoro debba partire dal mondo della scuola primaria e secondaria, dove si formano le nuove generazioni, e quanto per esse sia necessario offrire sostanziali opportunità di interazione con la natura.
Un po' di storia
Da sempre il contatto con la natura ha dimostrato effetti positivi sul corpo e sulla mente, per cui l’idea di utilizzare le attività in natura come strumento di benessere non è un’invenzione recente. Fin dall’antichità e per molte culture la natura non ha rappresentato solo un insieme di risorse, ma anche uno strumento per l’educazione e per la cura, tanto che già Ippocrate, universalmente considerato padre della medicina, nel V secolo A.C. sottolineava il potere curativo per il corpo e per lo spirito delle piante e dell’ambiente naturale.
Per molti secoli si assiste al perdurare immutato di questa visione, abbracciata anche dalla fede cristiana, che fece degli orti monastici il luogo di ristoro spirituale per eccellenza. Nel XIX secolo lo psichiatra americano Benjamin Rush descrisse per primo in modo rigoroso i miglioramenti ottenuti dai suoi pazienti con il lavoro in giardino, ponendo le basi per l'integrazione dell’orticoltura nelle pratiche terapeutiche.
Dagli Usa
Già da tempo, in Europa, alcuni pazienti di strutture psichiatriche si occupavano di lavori agricoli per compensare le spese del ricovero, ma Benjamin Rush riconobbe il potenziale terapeutico dell’attività agricola e come questa fosse benefica specialmente per coloro per i quali la terapia farmacologica risultava essere inefficace. A quei tempi quindi l'uso di includere spazi verdi nei progetti di ambito sanitario e riabilitativo cominciò a diffondersi, specialmente negli Stati Uniti dove anche Frederick Law Olmsted, progettista di Central Park, sostenne pubblicamente il valore rigenerativo della natura sulla salute mentale e progettò il giardino del McLean Hospital affiliato alla Harvard Medical School (Massachusetts), tuttora esistente.
Solo a metà del secolo scorso, però, l’orticoltura terapeutica negli Stati Uniti ebbe un impulso davvero significativo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, le attività in giardino iniziarono a essere utilizzate per facilitare il recupero fisico e psicologico dei reduci del conflitto. Grazie agli effetti positivi sul benessere dei pazienti, questo approccio si estese rapidamente ad altri ambiti della riabilitazione.
Il vero punto di svolta fu la fondazione nel 1973 dell’American Horticultural Therapy Association (Ahta), che ha avuto il merito di definire criteri di formazione professionale che garantiscono standard elevati nella competenza dei professionisti attraverso un processo rigoroso che richiede l’acquisizione di crediti accademici, e ore di tirocinio.
L’orticoltura terapeutica in Italia
Se negli Stati Uniti l’orticoltura terapeutica è riconosciuta come professione sin dai primi anni ’70 e un’organizzazione nazionale (Ahta) ne promuove lo sviluppo riconoscendo la pratica dell’orticoltura come terapia per il benessere delle persone, in Italia la professione non è formalmente riconosciuta.
Tra i pionieri dell’orticoltura terapeutica in ambito nazionale c’è la Scuola agraria del Parco di Monza, che dalla prima decade degli anni 2000 ha proposto corsi di formazione in ortoterapia per professionisti. Attualmente l’ente offre un Corso per esperti in orti e giardini del benessere, una nuova figura professionale di tipo tecnico afferente principalmente all’ambito dell’agricoltura e del giardinaggio, introdotta nel Quadro regionale delle figure professionali della Regione Lombardia.
Oltre alla Scuola agraria, altre organizzazioni (enti di formazione e associazioni) propongono da tempo corsi di approfondimento su tematiche più o meno inerenti la pratica dell’orticoltura terapeutica.
In ogni caso, una svolta significativa in termini di formazione degli ortoterapeuti è rappresentata dall’avvio del master universitario di primo livello in Orticoltura Terapeutica promosso dal Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna. Giunto ora alla sua terza edizione, l’obiettivo del master è quello di offrire un percorso specialistico post-laurea per definire un profilo di competenze ponte tra l’ambito tecnico-agronomico e scientifico, clinico e socioeducativo. Il suo programma è corposo e prevede 360 ore di didattica e 375 ore di tirocinio presso realtà del settore.
Una formazione universitaria riconosciuta così specialistica da rappresentare attualmente la prima esperienza sul tema in ambito europeo, fa ben sperare nell’imminente avvio di un processo di riconoscimento della figura professionale anche in ambito nazionale che potrebbe garantire uno standard di competenza dei professionisti.
Ania Balducci è orterapeuta libera professionista e docente al master di orticoltura terapeutica
Valentina Bergonzoni è ortoterapeuta ed educatrice ambientale della Fondazione IU Rusconi Ghigi e docente al master di orticoltura terapeutica