Patata, specificità e innovazione per affrontare le sfide

Produzione in calo, pressione climatica, fitopatologie emergenti, esigenze di tracciabilità

Dalla valorizzazione territoriale con la certificazione dell’origine a nuove varietà tolleranti agli insetti, passando per il digital farming

Lo diciamo da tempo, il settore pataticolo italiano, ma anche europeo, ha passato decisamente anni migliori. Un insieme di criticità che si ripresentano ormai a ogni campagna, dovute a fattori più o meno controllabili, stanno mettendo a dura prova chi voglia continuare a coltivare il tubero più consumato al mondo. Dai cambiamenti climatici alle nuove fitopatie, dalla sostenibilità economica alla minor disponibilità di fitosanitari, il quadro è veramente complesso.

Se ne è parlato in varie occasioni nel corso dell’ultimo Macfrut, dove l’ortaggio simbolo di questa edizione della fiera internazionale dell’ortofrutta è stato proprio la patata. Esperti, ricercatori e produttori si sono ritrovati soprattutto nel simposio internazionale, durato tre giorni, che ha richiamato 35 relatori dai principali Paesi produttori, durante il quale sono state ricordate le possibili soluzioni e vie d’uscita per dare uno sprint al settore. E poi ovviamente il discorso si è allargato durante i numerosi momenti di incontro presso gli espositori della filiera presenti in fiera.

Scenario produttivo

Partiamo dalla situazione produttiva globale. Come evidenziato dal coordinatore Luciano Trentini durante il simposio, nel mondo si coltivano circa 375 milioni di tonnellate di patate. La Cina guida la classifica mondiale con 95 milioni di tonnellate annue, seguita dall’India con 56 milioni e dall’Ucraina con 21 milioni.

In questo contesto globale, l’Europa a 27 ha prodotto nel 2023 circa 48,5 milioni di tonnellate destinate sia al mercato fresco che all’industria di trasformazione. La leadership europea è saldamente in mano alla Germania, che detiene il 24% della produzione continentale, seguita da Francia (18%), Paesi Bassi (14%), Polonia (12%) e Belgio (8%), che produce quasi solo per la trasformazione. L’Italia è ottava con appena il 2,6% di produzione europea.

Un dato particolarmente significativo, emerso dal Simposio, riguarda la riduzione della disponibilità mondiale registrata negli ultimi cinque anni, che ha determinato un aumento generalizzato dei prezzi al consumo sia sul mercato europeo sia extra-europeo.

«L’Italia è un paese non autosufficiente», ha spiegato Trentini. «Acquistiamo patate principalmente dalla Francia per il 40-50% del nostro fabbisogno nazionale, ma anche dalla Germania e patate precoci dai paesi del bacino del Mediterraneo». Una dipendenza che spinge verso lo sviluppo di nuove varietà italiane, considerando che oggi il Paese dipende per la quasi totalità dall’estero per il materiale genetico.

Entrambi i paesi europei leader fronteggiano sfide climatiche significative. Nel 2024, il Belgio ha dovuto piantare con sei settimane di ritardo rispetto alla norma, mentre nel 2023 l’8% della superficie non è stata raccolta a causa delle piogge continue. La Francia ha sperimentato rese particolarmente basse negli anni di siccità: 38-42 tonnellate per ettaro nel 2018, 2019 e 2022, le più basse mai registrate.

Benedette Ocm

Dal punto di vista normativo, una novità significativa è rappresentata dalla creazione dell’Ocm (Organizzazione Comune di Mercato) per la pataticoltura da parte della Comunità Europea. «Per il momento è stato applicato solo dall’Italia», ha precisato Trentini, «dando la possibilità alle Op pataticole di accedere ai programmi operativi, simili a quelli riservati all’ortofrutta, per avviare un necessario percorso di rinnovamento dei processi produttivi attraverso l’innovazione».

Un momento del simposio sulla patata al Macfrut

Le fitopatie

Il simposio ha posto particolare attenzione alle problematiche fitosanitarie, con gli elateridi che restano la principale minaccia per il settore pataticolo. Lorenzo Furlan, direttore della Direzione innovazione e sperimentazione di Veneto Agricoltura, ha illustrato la complessità del problema: «Gli elateridi intaccano la resa, rendono impossibile la commercializzazione dei tuberi danneggiati, diffondono malattie secondarie e in alcuni casi possono portare alla perdita dell’intera coltura». Tuttavia, dal simposio è emersa una visione critica dell’approccio tradizionale. «Il problema degli elateridi è in realtà un falso problema per due principali motivi», ha provocatoriamente affermato Furlan. «Prima di tutto, non diminuiscono la produzione ma la qualità, e questo solo se manteniamo gli standard commerciali attuali. Una patata con il buco è buonissima allo stesso modo di quella senza». Inoltre, la ricerca italiana ha già sviluppato varietà tolleranti: per esempio, il clone 181/10-4, tollerante grazie a composti chimici come glicoalcaloidi e acidi fenolici. «Le varietà tolleranti presentano valori più alti di questi composti», ha precisato il ricercatore. «L’acido caffeico, in particolare, è statisticamente correlato in modo significativo alla riduzione del danno». Oltre agli elateridi si è fatto cenno anche ad altre minacce non meno dannose, come la batteriosi Ralstonia solanacearum, che peraltro colpisce sia patate sia pomodoro da industria. Non meno preoccupante è la diffusione del cipero, un’erba infestante inserita tra gli organismi di quarantena che impone protocolli specifici per il controllo.

Dalla Francia è stato segnalato anche un problema con le cicale, che trasmettono un fitoplasma batterico cha sta causando una notevole perdita di produzione.

La prevenzione, questa sconosciuta

Dal simposio è emersa la necessità di un profondo cambiamento nell’approccio alla gestione fitosanitaria. «In Italia, dal primo gennaio 2014 è obbligatoria l’applicazione dei principi della difesa integrata», ha ricordato Furlan. «Tuttavia, uno studio condotto quattro anni fa mostra che meno del 10% degli agricoltori conosce questi principi, meno dell’1% ha mai fatto un monitoraggio e meno dell’1% sa qual è il fattore di rischio».

Il problema identificato dall’esperto potrebbe essere in un approccio mentale scorretto, che predilige spesso il meccanismo problema-fitofarmaco. «Questo non è il concetto corretto», ha spiegato. «La prevenzione è il primissimo principio della difesa integrata, che prevede rotazioni colturali, uso di varietà resistenti e tolleranti e l’aumento della biodiversità degli agroecosistemi». La soluzione proposta è un cambiamento culturale: «Se avessi un milione di euro a disposizione per risolvere il problema degli elateridi, non investirei nulla sulla ricerca di nuovi prodotti fitosanitari. Investirei tutto fino all’ultimo centesimo in una campagna di informazione e formazione del consumatore, perché capisca che una patata con il buco è più buona, più sana e più sostenibile».

La strategia integrata comprende monitoraggio continuo, scelta di appezzamenti a basso rischio, uso di trappole, rotazioni mirate e gestione agronomica attenta. «Con un approccio integrato possiamo arrivare a pacchetti di difesa con diversi livelli di efficacia», ha concluso Furlan. «È possibile fare simulazioni mettendo insieme tutti questi fattori per ottimizzare la strategia aziendale».

Varietà Anais, che rientra nel programma della valorizzazione della patata di Romagna

La patata della Riviera romagnola

Una produzione storica sviluppatasi nei terreni sabbiosi della fascia costiera delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, che si mantiene viva anche grazie alla richiesta del settore turistico. È sul rilancio della patata della Riviera romagnola che lavora soprattutto Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini. Come spiegato da Bruno Parisi del Crea, «si è sempre ricercata una patata capace di ingrossare rapidamente i tuberi per arrivare pronti all’inizio della stagione turistica».

La coltivazione conta ormai oltre 200 ettari e, secondo Daniele Montemaggi, presidente Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, «può e deve diventare una bandiera dell’agricoltura romagnola a chilometro zero, perfettamente integrata con l’economia turistica della Riviera». Se un tempo la varietà più diffusa era la Jaerla, oggi sono state individuate nuove varietà più resistenti e performanti che mantengono precocità e qualità richieste dal mercato locale.

«La patata novella della Riviera, scavata giovane e senza frigoconservazione, è ricca di vitamina C e rappresenta un esempio autentico di filiera corta, con un mercato attivo per circa un mese e mezzo e un forte legame con il territorio», ha aggiunto Parisi. Si tratta di un prodotto raccolto ancora a mano e confezionato in cassette direttamente in campo.

Esaltare l’origine con la tracciabilità

Un’altra possibile innovazione riguarda l’origine del prodotto. Come garantirla? Il progetto Oqas (Origine e Qualità Agripat System) va significativamente in questa direzione con l’analisi isotopica. Come ha spiegato Riccardo Rocchi, coordinatore dell’associazione produttori dell’Emilia-Romagna, «attualmente, in Italia, ogni dieci patate che consumiamo almeno quattro sono coltivate oltre i confini nazionali». Da oltre un decennio l’associazione produttori patate dell’Emilia-Romagna lavora per ampliare la banca dati, alimentata dal laboratorio bolognese U-Series (ora Whitelab), al fine di verificare la compatibilità geografica dei campioni di patata basandosi sull’analisi degli isotopi stabili. Come ha spiegato la dottoressa Francesca Scandellari del laboratorio Whitelab, il rapporto isotopico di un prodotto è influenzato dalle sue origini botaniche, ma anche dalla temperatura e dall’umidità dell’aria, dalle caratteristiche isotopiche dell’acqua assorbita dalle radici e dalla sostanza organica del suolo, parametri che dipendono da vari fattori come l’altitudine, la distanza dal mare, il tipo di suolo e le modalità di gestione.

Agripat mette il progetto a disposizione degli operatori della filiera pataticola, delle organizzazioni di produttori, dei consorzi di valorizzazione e della gdo. In pratica, i tuberi vengono prelevati in campo prima della raccolta e sottoposti all’analisi di laboratorio. Whitelab emette una dichiarazione di compatibilità isotopica con il prodotto di origine certa, Agripat autorizza l’uso del marchio e l’intero processo viene controllato e certificato da Ccpb come ente terzo riconosciuto.

Consumatori più consapevoli

Dal canto loro, sembra che i consumatori stiano cambiando il loro approccio verso la patata, non trattandola più come una semplice commodity. I dati della seconda edizione dell’indagine “Potatoes Forever!”, condotta su oltre 6.500 consumatori, confermano il ruolo centrale delle patate nella spesa italiana. Il 39% degli intervistati le consuma una volta a settimana, il 32% più volte. Cambia però l’attenzione dei consumatori: oltre al tradizionale rapporto qualità-prezzo (34%), cresce l’interesse per l’origine Ue (32,5%) e la tipologia specifica di patata (23,4%).

L’attenzione alla sostenibilità è in significativo aumento: il 39% comprerebbe patate con certificazione ambientale (+8% rispetto al 2023), il 33% desidera più informazioni nutrizionali (+15%) e il 18% vorrebbe conoscere meglio le pratiche di produzione sostenibile. Sul fronte della consapevolezza, il 24,5% si dichiara ben informato sulle pratiche sostenibili europee (+15%), mentre l’88% ritiene utile una campagna informativa sulla filiera Ue. Cresce l’interesse per la conservazione della biodiversità (25,6%, +13%) e resta alta l’attenzione verso lo spreco alimentare (23,5%). La campagna europea “Potatoes Forever!” si fonda su sei pilastri fondamentali: biodiversità, impatto su suolo e acqua, impatto climatico, lotta alla perdita di cibo e spreco alimentare, tracciabilità e sostegno ai produttori della filiera.

Insomma, i consumatori sembrano prestare attenzione a una comunicazione che li renda più consapevoli e attenti alla filiera pataticola, e non è poco. Spetta al settore unirsi per affrontare le sfide che nei prossimi anni continueranno a metterlo alla prova. Solo un approccio che integri la collaborazione tra ricerca, produzione e mercato può portare a dei risultati che rendano più ottimisti per il futuro.


1Ricerca su elateridi e irrigazione

Uno dei tanti progetti in corso sulla coltura si chiama semplicemente P.a.t.a.t.a. (Produrre Aggregando Tecnici e Agricoltori, Tutelando l’Acqua), ed è stato presentato da Riccardo Rocchi di Agripat durante il simposio. Cofinanziato dal CoPsr e attivo fino al 2027, il progetto punta a introdurre soluzioni digitali e sostenibili per affrontare le principali criticità della coltivazione in Emilia-Romagna.

«Grazie a una solida alleanza tra agricoltori, tecnici e ricercatori, l’Emilia-Romagna può guidare la transizione verso una pataticoltura più moderna, sostenibile e competitiva», ha detto Rocchi. Il progetto prevede studi approfonditi sulle diverse specie di elateridi, valutazione dei danni e strategie a basso impatto per contrastarli, oltre all’adozione di metodi di irrigazione più efficienti e sistemi innovativi di digital farming.

La partnership comprende l’Università di Ferrara, Romagnoli F.lli Spa., il Consorzio Patata Italiana di Qualità, Horta, il Consorzio di Bonifica del Canale Emiliano Romagnolo, Cso Italy, Dinamica e numerose aziende agricole del territorio, con una collaborazione tra ricerca, industria e produzione.


2Ruggiero punta sulla segmentazione

Una campagna 2025 caratterizzata da andamento climatico instabile, con piogge concentrate e temperature irregolari in primavera che ha comportato ritardi nel calendario di semina in alcuni areali, senza però impatto critico sui volumi complessivi e sulla qualità. Questa l’analisi di Antonio Ruggiero spa, che fa notare come crescano i consumi delle patate a uso culinario specifico. Questa tendenza riflette una maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo alle caratteristiche delle diverse tipologie di patate e al loro impiego. Ruggiero ha sei siti produttivi di ultima generazione dislocati negli areali italiani più vocati (Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio), con oltre 650 produttori associati.


3Selenella diversifica con carota e cipolla

Selenella, dopo una campagna 2024 conclusasi positivamente in volume e in valore, ha chiuso la campagna di quest’anno delle novelle registrando soddisfazione.

La commercializzazione delle novelle di Selenella riguarda prevalentemente quelle siciliane, coltivate su circa 300 ettari. «Il consumatore sta rispondendo positivamente, riconoscendo valori come freschezza, italianità e identità del prodotto Selenella», dicono dall’azienda. Ma Selenella ha allargato la gamma con carote e cipolle, che stanno ottenendo buoni risultati. «Anche in questo caso il consumatore ritrova il valore del prodotto che già riconosceva sulla patata: tracciabilità, italianità e qualità».

Patata, specificità e innovazione per affrontare le sfide - Ultima modifica: 2025-07-02T10:10:30+02:00 da Alessandro Piscopiello

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